Commentario di Alfonso Gatto
Potere dell'immaginazione che inventa le sue maschere oniriche e esterrefatte. Lo scoperto insistere delle campiture, sferiche e della convenuta geometria post-cubista, lo ha portato a idoleggiare un dialogo tra piccoli e grandi mondi, tra il rimbalzo del gioco e la mirifica sospensione dei pianeti, come in "Eclissi" o in "Ninfa rossa" in "Amadriade N. 2" dove l'affacciarsi impetuoso e estatico dei volti ha una fissità chimerica ancora significativamente, umana.
Forse, a guardare questo mondo, è il segreto incantato "Ragazzo del Sud", del '69, la testa appoggiata alle braccia stese sul vano del muro. Il discorso metaforico e metamorfico di Starace, del resto, non sfugge mai a questo valore di corrispondenza che è, nelle cose e nelle figure, lo specchio della loro attonita naturalezza.
In un affresco molto fascinoso, quale "Pescatore con lampara" del '63, l'ardito attacco del nudo metafisico e reale insieme al fanale tanto più grande di lui, nell'atto forse di sollevarlo, è, più che un'immagine di sé forte e slogata, una vera propria "situazione di forme", compenetrate a significare l'espressività geometrica del contesto pittoricamente essenziale e sicuro. Così, in "Ragazza dei trulli" del '68, la rastrematura ideale e limpida delle architetture e il corpo tutto aderente della donna che continua le linee veliche dei triangoli, hanno il giusto peso dell'equilibrio che li definisce nella mutua sospensione come un dialogo.
"Ragazza del porto" del '71 e "Ragazza e luna" dello stesso anno, tendono anche esse; nel puro sigillo del volto accerchiato dall'umana fattezza, all'incanto dell'immagine culturale che idoleggia la nuova grazia dell' "antigrazioso", ma già sugli echi di un Klee passato attraverso Saetti: tuttavia è di Starace la risposta al loro estatico fissare, nei quadri venuti dopo o immediatamente vicini nel tempo, da "Sole e mare", a "Donna di luna e fiori", a "Figura con fiori", a "L'attesa".
Il contemplatore ne è contemplato, le immagini si rispondono nella fissità esigente e ultimativa. Gli sviluppi di Starace sono, oltre il suo fecondo pittoricismo, nella dinamica di un evento immaginoso in cui, all'altezza di un'estasi mentale che giunge a fermarsi, viene a consistere e a durare una nuova naturalezza della parabola pittorica, come in "Albero del sole N. 1" e in "Albero del sole N. 2".
"Pastorali", sono state giustamente definite le due opere, ma senza altro racconto che non sia quello dell'elementare partitura in cui vengono a raccogliersi e a definirsi gli' spazi significanti di questo arcaico primitivismo.
Anche se, dall'affacciarsi improvviso di "Susanna", dal suo forte allarme, s'annunciano altre meteore precipitose, quali "Icaro" e "Nascita di Venere", è la quiete delle allegorie e dei simboli planetari a fissarsi nell'estatica, attesa della nuova pittura di Pippi Starace, forse per un vangelo che gli discorra immobilmente della sua pace edenica o di una apocalissi che gli metta a soqquadro il quadro per nuove energie , dirompenti e conflagranti nella luce.
Certo, tra il "dentro" e il "fuori" della natura, dallo istinto alla meditazione, Pippi Starace non può sfuggire alla sua forza caratterizzatrice, al suo segno dominante. L'ampiezza compositiva, anche nelle piccole e nelle medie dimensioni dell'opera, gli accende la colorazione. La pittura, quale esperienza continua e culturalmente avida di bruciare, non gli risparmia la tentazione di tutte le sue prove: Ma, oltre l'espressionismo realistico della sua natura meridionale, c'è per Starace, questa sua educata vocazione tonale, i cui rapporti, quanto più labili e sovrapposti e intersecati e cangianti, tanto più rendono disperante e insieme promessa la composizione della sua naturale dialettica di pittore.
Maovaz lesse bene in questi quadri, con parole che meritano la citazione: "Sbrigliato o chiuso in una serie di rapporti tonali, il colore è in Starace elemento importante ed il suo alto senso artigiano sa trarre persino dall'affresco sonorità cromatiche invero inusitate. Certi gialli che vanno dal freddo zolfo al succosoo girasole, si mescolano agli aranci si sbiancano come la pietra leccese sino a giungere quasi: all'abbacinante tondo solare...".
Guardate "Albero combusto" del '70. Può essere il simbolo di tutta l'opera pittorica di Starace: oltre il gesto romantico estremo c'è una forza arcaica di vita che afferma l'essere indomito di quella forma ancora bruciata dalla. sua tenacia figurale, ancora rinvigorita dai suoi spacchi. La giovinezza vive e attecchisce su questo fusto ed è la "Ninfa", albero e virgulto del mare.
Nella pittura di Starace corre questa grande vena azzurra e sulle sue tele il sole non tramonta: è la fissità dell'occhio, il vento della luce che muove e sbandierala sua iride.
Alfonso Gatto