Pippi Starace: Uomo del Sud

Tribuna Del Salento - 4 Giugno 1971



Conoscevo alcune opere, viste un po' qua e un po' là: poca cosa, s'intende, per poter valutare appieno l'arte e, soprattutto la personalità di questo "nostro" artista.
La sera dell'inaugurazione ero confuso tra la folla e mentre tutti si complimentavano con l'autore dopo aver dato uno sguardo superficiale alla mostra, io bevevo con gli occhi il caldo colore che sgorgava dalle tele, assorbivo la luce percependo le sottili vibrazioni determinate da una interessante trasfigurazione materica. E mi sorpresi, così, a meditare sui valori dell'Arte. Quella sera, dunque, rimasi favorevolmente colpito dall'artista-Starace ma soprattutto dall'uomo-Starace, così evidentemente meridionale nell'espressíone fanciullesca e sofferta al tempo stesso, in quel suo viso dove la dolcezza si unisce alla forza interiore: connubio, questo, che si riflette in tutta la sua opera creando un interessantissimo gioco di contrasti.

La sua stessa vita, il modo in cui è divenuto artista, rappresentano la tipica storia dell'uomo del Sud che deve farsi da sè, con fatica e sofferenza, con tenacia e passione: il talento innato manifestato attraverso mille modi, nell'infanzia, le scarse possibilità economiche, la punizione per aver fatto la caricatura di una professoressa poco spiritosa e la percezione della sua vena artistica da parte di un altro professore, indussero il nostro ragazzo ad intraprendere quella via che l'avrebbe portato ai risultati che oggi tutti apprezziamo.

La sua costanza negli studi, il suo adattarsi a lavorare pur di procurarsi la possibilità di recarsi a Roma per usufruire di una borsa di studio che gli avrebbe consentito di frequentare l'Accademia, la sua dura ricerca in un mondo difficile qual'è quello dell'arte, sono le tappe faticose che hanno solcato il suo viso ed hanno umanízzato e tipicizzato il suo operare. Quella luce che riscalda con imprevedibili riflessi le sue tele, è una luce che prima di essere colore è vita, è ricordo della sua terra natale, è nostalgia forse, è amore. La sintetizzazione delle sue figure, in contrasto con la corposità della materia in cui sono spesso inquadrate, incastonate vorrei dire, poichè il suo è un lavoro che mi rammenta preziose montature di rubini e smeraldi, racchiude il mistero dell'uomo umile che proprio perchè tale può elem varsi verso le vette dell'arte, verso Dio.

E Starace, con la sua modestia, con i suoi occhi innocenti che conoscono ed amano la vita pur con le sue dure lotte, è una figura di artista che colpisce favorevolmente in un mondo di uomini ai quali basta poco, o niente, per sentirsi grandi. Egli racchiude nelle sue opere tutta la vita, l'essenza della natura, l'essere, il divenire; raccoglie i colori dai fiori, dalle piante, dal cielo dalla terra arida e brulla, dalle rocce, dal sole per restituirli, in una meravigliosa armonia, alle bianche tele. Ariosto Ammassari, che lo vide appena decenne nella sua bottega di artigiano, e Attilio De Luigi, direttore dell'Istìtuto Artistico Professionale, che lo ebbe suo allievo prediletto e discepolo nello studio e nell'esecuzione degli affreschi, e il Mafai, e lo Scipione che lo ebbe amico affezionato e tutti coloro che lo seguirono e apprezzarono nelle sue esperienze futuriste e cubiste, oggi sarebbero felici di vedere come questo piccolo uomo del Sud, abbia raggiunto, in una sintesi formale, quel meraviglioso equilibrio che lo pone sulle più alte vedette dell'Arte. E lui, Pippi Starace, uomo schivo e modesto, è entrato a far parte dei Grandi in punta di piedi.

Garusso