Pippi Starace a “La Giara” - Una pittura quasi musicale

Nel 1923, vincitore di una borsa di studio dell'allora Deputazione provinciale, Pippi Starace con il diploma della Scuola d'Arte e con le nozioni acquisite alla «bottega di scultura » di Aristide Massari, lasciò Lecce per perfezionarsi a Roma. Non immaginava allora, il non ancora diciottenne, che quello sarebbe stato un distacco definitivo; sì, il legame sarebbe rimasto, ogni tanto una scappata a riabbracciare i familiari e rivedere gli amici, ma ormai la vera sede di maturazione, di la voro, delle attese di successo, era Roma.

E Starace, che mai ha voluto italianizzare il diminutivo leccese di Pippi (suonato sempre strano agli orecchi di tutti i non pugliesi, almeno fino a che non l'ha popolarizzato la omonima... Calzelunghe), è rimasto col cuore legato, alla terra natale, ma gli occhi, la mente, la mano hanno perduto ogni residuo provinciale.

Dopo le esperienze di un tardivo futurismo anni '30, Pippi Starace si è creato un modulo personale, ricorrente in tutto l'arco della "storia" artistica che va verso i cinquanta anni (ma dove la nasconde la sua età, fresco com'è nella sua agile maturità, sintetizzato in un cubismo figurativo astratto, composto in valenze geometriche che operano un equilibrio mirabile nelle superfici piccole, medie e grandi dei suoi quadri. Quel che lo ha posto però in posizione preminente e originale, tra gli artisti contemporanei, è la sua attività di pittore murale. Senza dubbio, in questo settore, Pippi Starace, è tra i migliori affrescatori italiani.

Questa premessa mi è parsa utile per introdurre la prima mostra leccese dell'artista. Chi segue la vita artistica cittadina, ricorderà due suoi quadri di « lampare », presenti nella collettiva di pittori salentini che allestimmo nel lontano 1954, con la preziosa collaborazione di Vittorio Bodini e di Ciccio Barbieri, e gli altri due quadri più recenti alla collettiva di inizio d'anno del RIAM. Bene, Starace ha offerto agli ammiratori d'arte leccesi una mostra di livello molto alto, allestita con squisita accuratezza da «La Giara». Nei suoi numerosi quadri, si possono rilevare tutte le incidenze della sua formazione e della sua lunga, pregevole carriera: gusto del colore; eleganza compositiva; equilibrio di piani strutturali e figurazione; disegno della figura e risultati extrafigurativi; simbolismo e paesaggio a piena aria.

Quando l'occhio si ferma più at tentamente sulla superficie dipinta, solo una volta vi riconosce l'olio, poi, negli altri quadri, avverte una specie di pellicola porosa incrostata sulla tela e in alcuni tra essi questa crosta lavorata quasi in un piattissimo alto-bassorilievo: è la tecnica dell'affresco, trasportata sulla tela e con l'aggiunta di misteriose colle e cere che rendono il quadro inattaccabile dagli agenti atmosferici, cui le pitture soggiacciono, purtroppo. Non è ambizione di vincere il tempo, quel che ha deciso Pippi Starace a questo impasto, forse anche questo, esso è se mai il risultato unitario del suo impegno di incisore, affrescatore, scultore, mosaicista.
Questo è Pippi Starace, avrebbe potuto intitolarsi la mostra, se le personali usassero mai intitolarsi; perchè essa documenta il cammino percorso dall'artista nei vari settori, i risultati conseguiti, e soprattutto il gusto, la politezza espressiva, la serenità del linguaggio coloristico, la corposa soronità dei toni ora caldi e ovattati, ora acuti e limpidi.

Una pittura quasi musicale, in cui le onde sonore acquistano corpo visibile, per distendersi in linee e colori, nella luce e nello spazio.

Ennio Banca